A sud-ovest di Torino, le Valli del Pinerolese rappresentano uno scrigno ricolmo di tesori dell’ampelografia piemontese. Difatti, in questo territorio pedemontano e montano, che si estende tra Barge e Cumiana passando per le Valli Pellice, Chisone e Germanasca, ricco di storia e cultura, si producono da tempi immemorabili vini apprezzati per il gradevole bouquet e per la rarità dei vitigni da cui traggono origine.
Già nel 1200 in quest’area i principi di Savoia-Acaja possedevano e coltivavano alcuni ettari di vigne, accordando grande importanza alle tecniche colturali, di cantina ed alla trascrizione delle operazioni di cam- pagna, ivi comprese quelle amministrative e contabili.
Nei secoli seguenti, il fermento nelle campagne e nelle cantine pinerolesi sarebbe stato tale che a Pinerolo, nel 1881 alla grande “Esposizione Ampelografica”, si contavano più di 600 varietà di uve, tra cui ben 333 vitigni autoctoni della provincia di Torino provenienti in buona parte da quest’area di antica vocazione vitivinicola.
I problemi contingenti alle aree montane hanno successivamente visto una riduzione della superficie coltivata, ma il recente riconoscimento nel 1997 della Denominazione di Origine Controllata “Pinerolese” ha ridato nuova linfa al settore. Oltre alla provincia di Torino, l’areale di produzione interessa anche una piccola appendice cuneese nei soli comuni di Barge e Bagnolo.
Se le uve tradizionali piemontesi sono di casa in questo territorio (Dolcetto, Barbera, Freisa, Bonarda,…), il fiore all’occhiello dell’enologia locale spetta a due perle enologiche ottenute da rari e pregiati vitigni autoctoni: i vini Ramìe e Doux d’Henry. Il primo, prodotto nella zona di Pomaretto, prenderebbe il nome dall’omonima area ”‘d le ramìe”, una volta ricoperta da un folto bosco. Data la posizione favorevole alla coltivazione della vite, si decise di disboscare per piantare i filari. Durante i lavori, ivi si lasciarono ammucchiati i rami (ramìe in dialetto) per formare le fascine che avrebbero così caratterizzato in futuro tale zona.
Il Doux d’Henry fu così chiamato in onore di Enrico IV di Francia, che ebbe modo di apprezzarlo, diventan- done grande estimatore, quando all’inizio del ‘600 le faccende di Stato lo portarono ad incontrare il duca Carlo Emanuele I di Savoia. Il termine “doux”, dolce in francese, ci ricorda che, un tempo, dalla vinificazione delle uve si ottenevano nettari con un residuo zuccherino abbastanza elevato.
Fonte: guida ai vini “TORINO DOC”