I vitigni della provincia di Torino
Nei vigneti della provincia di Torino si può ritrovare un’ampia gamma di vitigni coltivati, frutto di una secolare tradizione viticola. Le diverse varietà di vite attualmente presenti sul territorio sono il risultato degli intensi scambi di materiale vegetativo avvenuti in passato e delle modificazioni genetiche verificatesi in seguito agli adattamenti microclimatici nei vari ambienti in cui la viticoltura si è sviluppata. Accanto ai vitigni di recente e sempre maggiore diffusione, fra cui Barbera, Bonarda, Dolcetto, Freisa e Nebbiolo, ve ne sono altri che, dando luogo a prodotti a volte di nicchia con specifiche caratteristiche organolettiche, possono essere definiti antichi se non addirittura autoctoni. Si tratta di vitigni dal forte legame con l’ambiente e il territorio e dall’antica tradizione di coltivazione.
È il caso dell’Erbaluce, del Neretto e del Ner d’Ala in Canavese, dell’Avanà e del Becuét in Val Susa, del Cari (Pelaverga) e della Malvasia di Schierano in Collina Torinese, del Doux d’Henry e dello Chatus nel Pinerolese. Le produzioni enologiche che derivano dall’utilizzo di questi vitigni sono particolari e caratterizzate da una forte identità territoriale e storico-culturale.
I vini DOC e DOCG della Provincia di Torino
Erbaluce di Caluso o Caluso DOCG
Erbaluce di Caluso Spumante o Caluso Spumante DOCG
Erbaluce di Caluso Passito o Caluso Passito DOCG
Erbaluce di Caluso Passito Riserva o Caluso Passito Riserva DOCG
Carema
Carema Riserva
Canavese Rosso
Canavese Rosso Novello
Canavese Rosato
Canavese Rosato Spumante
Canavese Bianco
Canavese Bianco Spumante
Canavese Nebbiolo
Canavese Barbera
Freisa di Chieri Secco
Freisa di Chieri Superiore
Freisa di Chieri Dolce
Freisa di Chieri Frizzante
Freisa di Chieri Spumante
Collina Torinese Rosso
Collina Torinese Rosso Novello
Collina Torinese Barbera
Collina Torinese Bonarda
Collina Torinese Malvasia
Collina Torinese Pelaverga o Cari
Pinerolese Rosso
Pinerolese Rosato
Pinerolese Barbera
Pinerolese Bonarda
Pinerolese Freisa
Pinerolese Dolcetto
Pinerolese Doux d’Henry
Pinerolese Ramìe
Valsusa
I vitigni
Nebbiolo
Coltivato attualmente in tutto il Piemonte ma originario probabilmente delle vallate alpine, il Nebbiolo è uno dei vitigni più antichi presenti sul territorio regionale; testimonianza di questa caratteristica è la grande varietà di sotto-cultivar o biotipi che tale vitigno presenta, frutto di una diversificazione plasmata dai diversi ambienti di coltivazione. In provincia di Torino dà origine ad alcuni vini a denominazione d’origine fra cui la DOC Carema nel comune omonimo. In tali aree, all’estremo nord del Canavese, la viticoltura eroica trova un’espressione adeguata al suo termine e disegna un paesaggio unico per via della caratteristica forma d’allevamento adottata e della sistemazione dei vigneti su terrazze aggrappate alla montagna tra i 350 ed i 700 metri d’altitudine.
A Carema e nei comuni limitrofi, il Nebbiolo, chiamato Picotener, è allevato a pergola con particolari sostegni in muratura o pietra. Essendo un vitigno vigoroso ben si adatta a tali forme d’allevamento espanse che, oltre ad assecondare il suo carattere esuberante, fanno sì che le gemme produttive siano ben distanti dal suolo sfuggendo alle gelate tardive che spesso si verificano in ambienti di montagna. La maturazione delle uve è tardiva i grappoli sono costantemente controllati dai viticoltori al fine di garantire un’ottimale esposizione al sole.
La sua produzione non è mai costante e solo i grappoli migliori vengono raccolti per la produzione del Carema dando origine ad un vino che ben si presta all’invecchiamento. Inoltre, in questo particolare contesto montano, il Nebbiolo offre produzioni enologiche molto particolari caratterizzate da un insieme di componenti strutturali che ne fanno un vino dotato di un colore molto più armonioso e stabile nel tempo a differenza dei Nebbioli ottenuti in altre aree viticole della regione
(Primo congresso sulla Viticoltura di Montagna in forte pendenza, Saint Vincent 17/18 marzo 2006, Abstract V. Gerbi et al).
Erbaluce
Anche se non si può considerare un vitigno autoctono in senso stretto, l’Erbaluce ha per la provincia di Torino un’importanza storica poiché la sua presenza è limitata all’area dell’alto Piemonte e soprattutto al Canavese dove si è diffuso trovando le condizioni ambientali migliori per il suo sviluppo. In questa zona oggi rappresenta il vitigno fondamentale per estensione colturale e valore commerciale dei vini.
L’ Erbaluce è caratterizzato da una vigoria elevata e dal fatto di avere una fertilità buona solo sulle ultime gemme del tralcio, due fattori che fanno sì che per la sua coltivazione siano necessari sistemi d’allevamento espansi quali la tradizionale pergola canavesana. Tale forma d’allevamento, unica sul territorio piemontese, è riconducibile ad una pergola (detta localmente topia) con pali di sostegno e traverse, generalmente in legno di castagno alte fino a 2 m da terra, portanti i capi a frutto. Il grappolo è di media grandezza, cilindrico, un po’ allungato, compatto ma talora più spargolo. Gli acini sono sferoidali con buccia spessa e a maturità assumono Una particolare colorazione ambrata se ben esposti al sole. Dall’Erbaluce si possono ottenere prodotti di diversa tipologia, dagli intensi spumanti secchi, ai vini tranquilli, agli importanti passiti; tutto per merito delle sue uve che sono dotate di elevata acidità fissa e ben si prestano all’appassimento.
Neretto di Bairo
Diffuso in tutto il Canavese, il Neretto di Bairo è un vitigno a bacca rossa che un tempo occupava una posizione predominante nella viticoltura locale. Oggi è sporadicamente presente nei vigneti e concorre alla produzione del Canavese Rosso DOC mentre raramente viene vinificato in purezza. Per la sua coltivazione, data l’elevata vigoria e la scarsa fertilità delle gemme alla base del tralcio, è necessaria una forma d’allevamento espansa, quale la tradizionale pergola canavesana che permette una potatura lunga e ricca. La produzione di uva non è costante poiché abbondanti piogge nel periodo della fioritura determinano una limitata allegagione. Nonostante l’uva sia ritenuta di buona qualità per la vinificazione e soprattutto adatta alla produzione di vini giovani di pronta beva, si sta assistendo all’abbandono di questo vitigno da parte dei viticoltori che scelgono per i loro nuovi impianti varietà a più elevata e costante produzione.
Ner d’Ala
Coltivato soprattutto nell’alto Canavese il Ner d’Ala è chiamato localmente Vernassa. L’idoneità alla coltura in Piemonte è recente e risale al 2004. È un vitigno molto vigoroso che predilige le forme d’allevamento espanse e le potature ricche tradizionali del Canavese. Grazie alle sue caratteristiche ben si adatta anche a condizioni colturali meno favorevoli quali ad esempio i ritorni di freddo mentre, soprattutto nei terreni fertili, teme un po’ la muffa per via della conformazione del grappolo che è compatto. Un tempo era considerata uva a duplice attitudine, per la vinificazione e per la mensa, utilizzata in tal caso per le doti di buona serbevolezza e per il gusto particolarmente gradevole. Oggi viene vinificata insieme alle uve dei vitigni locali ed in particolare al Nebbiolo per la produzione del Carema. Se vinificato in purezza origina un vino dal colore vivace e dal profumo speziato.
Freisa
La Freisa è presente in tutti gli areali viticoli della provincia di Torino con maggiore diffusione nel Pinerolese e nel Chierese dove riesce ad estrinsecare al meglio tutte le sue potenzialità produttive. Presenta una vigoria medio-elevata con una produzione talora penalizzata da fenomeni di colatura, specie in annate piovose in fioritura. Si adatta bene a forme d’allevamento a controspalliera con potatura ricca. È un vitigno rustico poco suscettibile alle malattie crittogamiche in generale, anche se meno tollerante nei confronti dell’oidio. La maturazione è di media epoca ed i grappoli a maturità sono di colore blu-nero. Le uve conferiscono al vino un gradevole profumo fruttato che viene esaltato nell’ottenimento di vini vivaci; data la loro buona dotazione di colore e tannini sono altresì adatte al taglio con altre uve e alla produzione di vini fermi, eventualmente sottoposti ad un breve affinamento.
Bonarda
Vitigno presente in Piemonte quasi esclusivamente nel nord Astigiano, nel Pinerolese e in Collina Torinese, è stato a lungo confuso con altre varietà con cui condivideva il nome “Bonarda” quali ad esempio la Croatina nell’Oltre Po Pavese o l’Uva Rara nel Novarese. Vitigno vigoroso che ben si adatta a forme d’allevamento espanse (pergolette) o alla controspalliera; ha una buona resistenza alle malattie ed una discreta costanza produttiva anche se, in presenza di virosi, spesso si manifestano importanti fenomeni di acinellatura. Le qualità enologiche sono di particolare interesse: dalle uve di Bonarda si ottengono vini di colore intenso e stabile con una buona struttura e armonia che, grazie ad un’adeguata ma non eccessiva acidità fissa, sono adatti ad un medio periodo di invecchiamento.
Malvasia di Schierano
Cultivar aromatica un tempo assai più diffusa ed apprezzata, la Malvasia di Schierano è ora coltivata unicamente nell’area della Collina Torinese e sulle confinanti colline Astigiane. A causa della sua produttività moderata soggetta ad alternanza, è stata nel tempo sostituita da altre varietà. Vitigno poco suscettibile all’oidio ed alla muffa del grappolo presenta una maturazione medio-precoce. Le uve vinificate in purezza danno un vino dolce, aromatico, di olore gradevole e profumo intenso, equilibrato e poco tannico.
Cari o Pelaverga
In passato molto diffuso in Piemonte, oggi il Cari è coltivato quasi esclusivamente nel Saluzzese e nel Chierese dove ha la sua zona d’elezione nel territorio comunale di Baldissero Torinese. È un vitigno dal medio vigore normalmente allevato a controspalliera con una produttività buona anche se non costante. Il grappolo è di dimensioni medie, abbastanza serrato e quindi suscettibile agli attacchi di muffa grigia. Un tempo rinomata come uva da mensa, oggi l’uva del Cari viene prevalentemente vinificata in uvaggio con altri vitigni locali; alcuni produttori lo vinificano in purezza ottenendo un vino rosso-rosato, dalla gradevole tonalità rubino-violacea, dal profumo caratteristico e dall’acidità moderata, secco o lievemente amabile a seconda della tecnica di vinificazione adottata.
Avanà
L’ Avanà è uno dei vitigni che si possono definire “transfrontalieri” per il fatto di essere presente anche in Savoia e Delfinato. Oggi la sua coltivazione in Piemonte è limitata quasi esclusivamente alla media e alta Valle di Susa ed alla Val Chisone (Pinerolese) dove è allevato utilizzando una controspalliera di odesta altezza o addirittura ad alberello poiché l’ambiente pedoclimatico estremo ne contiene il grande vigore. La sua produzione non è costante ed occorre controllare la corretta esposizione al sole dei grappoli per evitare difetti di colorazione. Vinificate in purezza le uve danno un vino fresco e fruttato, leggero di corpo, dal colore piuttosto scarico ma di ottima tonalità che degrada velocemente virando all’arancio. Dal 1996 le uve del vitigno Avanà possono concorrere alla produzione del vino DOC Pinerolese, ed in particolare del Pinerolese Ramìe, e dal 1997, sole o congiuntamente agli altri vitigni locali (Becuét, Chatus…), alla DOC Valsusa.
Becuét
Il Becuét è diffuso in alta e media Valle di Susa, dove è coltivato da tempo immemorabile. È un vitigno vigoroso, soprattutto nei primi anni d’impianto, ma nel tempo equilibra produttività e vigore. La fertilità è elevata e ben distribuita lungo il capo a frutto così che si possono adattare potature lunghe o corte. Il rappolo è piccolo, cilindrico o conico, spargolo con acini dalla forma ovoidale con buccia assai spes- sa. I vini ottenuti dalle sue uve sono caratterizzati da un estratto notevole e da un corredo polifenolico di primissimo piano. Data l’elevata concentrazione di materia colorante contenuta nelle sue uve il Becuét viene prevalentemente utilizzato dai viticoltori come miglioratore nei tagli con altri vitigni, quali ad esempio l’Avanà. Nonostante ciò non è da escludere la vinificazione in purezza delle sue uve per la produzione di vini ricchi di corpo e struttura adatti a lunghi invecchiamenti in botti di legno.
Dolcetto
Il Dolcetto, ampiamente coltivato in Piemonte, si è diffuso in provincia di Torino in epoca post fillosserica quando, per via della sua precocità, è stato introdotto soprattutto nelle zone dove in genere la maturità delle cultivar più tardive si raggiunge con difficoltà (zone pedemontane e vallate alpine più fresche). Oggi lo si trova in tutti gli areali viticoli ma con percentuali differenti nelle varie zone: maggiormente diffuso nel Pinerolese e in Valle di Susa ha una presenza sporadica in Canavese e in Collina Torinese. È un vitigno di medio vigore con esigenze climatiche piuttosto particolari in quanto, in ambienti roppo umidi o con regimi termici caratterizzati da elevate differenze di temperatura tra il giorno e la notte, tende a manifestare il fenomeno della cascola pre- vendemmiale (gli acini tendono a distaccarsi dal peduncolo). La sua produttività è media e fornisce un vino di colo- re rosso rubino violaceo, di discreta gradazione alcolica e buon corpo da consumare giovane o dopo un breve invecchiamento.
Barbera
Vitigno rustico e produttivo, è ampiamente diffuso in tutta la provincia anche se spesso coltivato insieme ad altri vitigni. Cultivar di buone caratteristiche agronomiche e produttive necessita, per una corretta maturazione tecnologica, di somme termiche piuttosto elevate prediligendo esposizioni ben soleggiate ed asciutte. Se tali esigenze termiche non vengono soddisfatte, le uve possono avere caratteristiche qualitative tali da conferire ai vini eccessiva ruvidezza ed acidità. Si adatta a varie forme d’allevamento e potatura anche se le forme alte ed espanse (tipiche di alcune zone del Canavese e Pinerolese) determinano un aumento dell’acidità per maggiore carico produttivo. Per quanto riguarda le malattie, se da un lato è poco suscettibile alla peronospora, d’altro teme la muffa ed il marciume acido. La maturazione è medio-tardiva e la produzione è di solito abbondante. Le sue uve trovano impiego in una vasta gamma di vini; nel taglio con altre cultivar apportano alcol, acidità e colore mentre se vinificate in purezza danno vini di colore rosso rubino, di buona gradazione alcolica e ben strutturati che si prestano anche ad un moderato invecchiamento.
Chatus
Sempre associato a suoli acidi e silicei della fascia pedemontana occidentale, lo Chatus è diffuso dalla Val Maira all’Ossola, testimonianza della sua importanza passata. Vitigno rustico, caratterizzato da un vigore medioelevato e un buon equilibrio vegeto-produttivo, fornisce produzioni piuttosto costanti nche con annate climatiche differenti. Il grappolo è di media grandezza, con acini piccoli di colore blu nero e buccia molto pruinosa. Le uve dello hatus maturano piuttosto tardivamente, dopo il Barbera e prima del Nebbiolo, ed essendo ricche di estratto di colore dalla loro vinificazione si ottiene un vino dal colore intenso e di buon corpo. È uno dei vitigni tradizionali più promettenti dal punto di vista enologico; ricerche in questa direzione hanno evidenziato che, secondo le tecniche di cantina utilizzate, si possono ottenere vini più o meno longevi per tipologie commerciali diverse.
Doux d’Henry
Il Doux d’Henry coltivato nel Pinerolese è conosciuto in zona da secoli tanto che il Conte di Rovasenda lo indicò come vitigno indigeno in particolare dei comuni di Pinerolo, Bibiana, Perosa Argentina e Torre Pellice. Oggi gli impianti più importanti sono concentrati nel comune di San Secondo di Pinerolo e di Prarostino dove i vigneti si spingono fino a quote di 600 m s.l.m. Il Doux d’Henry è un vitigno di notevole vigoria che richiede sistemi di allevamento espansi e potature lunghe; la sua produzione è incostante poiché soggetto a forte colatura fiorale ed acinellatura, anche per via della maschiosterilità che impone l’impianto in combinazione con altri vitigni. Resiste alle brinate, alla peronospora e grazie alla conformazione del grappolo, che è spargolo, anche alla Botrytis cinerea. Gli acini a maturità sono di rilevanti dimensioni e di colorazione poco intensa. Il gradevole gusto ha fatto si che fosse utilizzato un tempo come uva da mensa. Dalla vinificazione in purezza si ottiene un vino dal colore poco intenso, leggero, fresco e profumato.